Numero 3 del 2008
Otto marzo da 100 anni: 1908 - 2008
Testi pagina 11
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blaggio di segni capaci di colpire nella
percezione visiva ed emotiva. Del resto
ogni ricorrenza per essere visibile e tra-
mandarsi deve poter disporre di un cor-
redo di liturgie, miti, simboli e l'8 marzo
ebbe presto i propri.
Il discorso politico circolò in quel
lungo dopoguerra in luoghi e in forme
meno consuete: fiori, bandiere, distinti-
vi, canzoni e inni, un ricco apparato
iconografico che fu spesso affidato ad
artisti di fama, come conferma la pre-
ziosa collezione di manifesti custodita
presso l'Archivio centrale dell'Udi a Ro-
ma, divennero i principali strumenti per
la circolazione del messaggio politico;
né si trascurarono le coreografie:
"Uno dei miei ricordi più belli ri-
sale all'anno 1952. Organizzam-
mo una grande sfilata, con un car-
ro pieno di fiori bianchi con la co-
lomba della pace, rappresentata da
tre ragazze vestite di bianco con fa-
sci di mimosa. Seguivano il carro al-
tre ragazze vestite da contadinelle,
che ricordavano il lavoro dei campi".
Tra i simboli, il più tenace, capace
di resistere a decisivi cambiamenti e
persino alle rotture, la mimosa, il fiore
giallo, simbolo della primavera e, so-
prattutto facilmente reperibile, che so-
stituì il garofano rosso e il mughetto in-
scritti nella storia del movimento socia-
lista. Il fiore giallo divenne l'incarnazio-
ne della festa e si costruirono gli alberi
della mimosa su modello di quelli della
libertà appartenenti ad altre famiglie
politiche. "Noi donne" propose ritratti di
note dive cinematografiche adornate da
rami di mimosa: è il caso di una splen-
dida Gina Lollobrigida sulla copertina
dell'8 marzo 1955.
L'attenzione a questi aspetti si coniu-
ga strettamente con la definizione di al-
tre forme della politica che privilegiano,
e non solo nei primi anni della Repub-
blica, la socializzazione primaria: spet-
tacoli teatrali, feste danzanti, merende,
accompagnarono assemblee e conferen-
ze, distribuzione di volantni e fiori nelle
piazze e le strade delle grandi città co-
me dei piccoli centri: "Il primo 8 marzo
quando ci proponemmo di offrire la mi-
mosa a tutte le donne ci fu una grande
mobilitazione attorno al gruppo diri-
gente del Circolo del UDI. Andammo
nelle scuole, all'ospedale, nelle fabbri-
che, nei negozi e ovunque, anche con
assemblee e piccole riunioni".
La giornata fu sempre coniugata con
temi e questioni di rilevanza nazionale
o internazionale tracciati nel calendario
politico delle donne, tanto che gli slo-
gan adottati disposti in sequenza crono-
logica potrebbero costituire un primo
canovaccio per imbastire la storia della
emancipazione e della liberazione delle
donne in Italia.
Un simbolo nel nome della
politiche femminili,
allora, l'8
marzo, ma
la dimensione della
festa, con il suo carico di alle-
gria, è uno dei cardini attorno al quale
ruotano le memorie delle protagoniste
di differenti generazioni: "una volta
l'anno si faceva la grande festa dell'8
marzo, con tutte le case con la mimo-
sa", ed ancora: "dicevamo che era la fe-
sta delle donne e le donne si radunava-
no portando i loro bambini ed erano fe-
ste gigantesche [...]; le donne portavano
torte grandissime. C'era la mimosa, il
giornale, andavano casa per casa a rac-
cogliere la roba [...]
Quando era ora con una fisarmonica
facevano entrare i mariti li facevano
pagare dando loro la mimosa".
E' anche questa la dimensione che si
addensa nella memoria delle donne che
ricordano con gioia e orgoglio le energie
impegnate per il successo delle iniziati-
ve e la carica emotiva che dominava
l'atmosfera di quelle giornate, alimento
per l'impegno futuro: "Il primo impatto
che ho avuto all'Udi […] non mi ricor-
do esattamente ma fu probabilmente
per un 8 marzo. Insomma mi ricordo
una grandissima voglia di inventare
delle cose. Anche la trasgressività se
vuoi e l'allegria, la gioia di vivere, la vo-
glia di esserci". Così una militante, rife-
rendosi agli anni settanta, ricompone
quel clima di entusiasmo e gioia proprio
della festa. Intanto la Giornata delle
donne allarga il suo cerchio e si estende
ben oltre i circoli Udi, nel decennio suc-
cessivo è assunta anche dal Centro ita-
liano femminile.
Negli anni settanta l'affermazione
dei movimenti femministi e con essi di
una nuova agenda politica per le
donne si riversò anche sui simboli
della tradizione definita non senza
una punta di disprezzo - "emanci-
pazionista". Nel continente dei
colori della politica primeggiò il
rosa che troneggiò a lungo nelle
coloratissime manifestazioni
femministe colme di gioia, di
rabbia, del desiderio di "esser-
ci" mutarono slogan e parole
d'ordine, ma l'8 marzo sembrò
resistere - anche se furono numerose le
incursioni del messaggio pubblicitario
sui consumi che richiamavano all'ac-
quisto dell'ultimo modello di lavatrici o
di cioccolatini - e la mimosa criticata,
ripudiata finì però sostanzialmente per
restare un simbolo prediletto. Una gio-
vane femminista nel 1978 scriveva sul-
le pagine di "Effe":
"Oggi la mimosa è protagonista, è
importante […]. A piccoli gruppi, mi
vengono incontro altri mazzi di mimo-
sa, macchie gialle sui vestiti, sui capel-
li, fra le mani. [...] Al mercato dei fiori,
la mimosa è finita. Ne raccolgo un ra-
metto per terra. Perché anch'io sono
donna, anch'io voglio stringerla fra le
mani".
*Docente di Storia contemporenea e delle rela-
zioni di genere Università di Siena (Arezzo)
la festa della donna si è affermata alla stregua di un "rito in-
ternazionale". Intorno ad una data simbolica milioni di don-
ne, nel mondo, hanno avuto l'intelligenza e l'intuizione di
"tessere appartenenza politica e di genere"