Numero 10 del 2009
RU 486: la pillola ideologica
Testi pagina 11
noidonne ottobre 2009 11
colare tutela. Riaffiora, nel fuoco delle
polemiche, l'idea di uno stato paterno,
se non di uno stato etico con la visione
di una cittadina - la donna, ancora una
volta eterna minorenne - incapace di as-
sumere decisioni in modo autonomo.
In realtà, chi insiste sull'applicazione
severa della legge, sull'importanza del
ricovero, dimentica che ciò è nell'inte-
resse stesso delle donne che devono es-
sere adeguatamente informate su questo
punto essenziale per la loro salute.
Che dire, infine, di chi definisce la
RU486 come "un ulteriore passo in
avanti nel percorso che tende a non far
percepire la natura reale dell'aborto che
è e rimane soppressione di una vita
umana innocente?". Chi si occupa di
bioetica sa bene che la questione tecni-
ca riguardante il "come" abortire non
può mi alcun modo assorbire in sé quel-
la etica riguardante la scelta tragica
"se" abortire o meno. In altri termini,
non è tanto importante per la coscienza
morale decidere le modalità - farmaceu-
tiche o chirurgiche - di un certo atto
quanto affrontare la domanda ineludi-
bile del "perché" compiere o no quell'at-
to. La liceità etica, lo si è ripetuto molte
volte, non può essere confusa con la me-
ra possibilità tecnica. Per questo ciascu-
no dovrebbe "laicamente" rivendicare la
libertà, e quindi la responsabilità, delle
sue scelte, le cui ragioni profonde risal-
gono al senso stesso che intende dare al-
la propria vita.
A pochi giorni dalla data storica del 20 settembre, che
celebra la fine del potere temporale dei papi con la presa
di Porta Pia, il papa invita i farmacisti italiani a violare le
leggi dello Stato, cioè a non vendere farmaci contrari alla
vita. Un nuovo diktat del Vaticano contro la prevenzione,
dopo l'anatema della scomunica contro la RU486, intro-
dotta dall'AIFA anche nel nostro paese. Nel 1988 l'Ru486
fu introdotta in Francia. Seguì immediatamente una leva-
ta di scudi della Chiesa che terrorizzò la casa farmaceuti-
ca produttrice, Roussel Uclaf, al punto da ritirarla dal
commercio. Il governo francese, di ben altra laica statura,
accusò a sua volta la Roussel di comportamento anti-
francese con il risultato che la distribuzione riprese dopo
appena due giorni. Ma qui il governo, intimorito, ricatta-
to dopo gli scandali che nei mesi scorsi hanno travolto
l'immagine del premier e dopo l'inaudita vicenda del di-
rettore dell'Avvenire, sta cercando di rendere difficile il ri-
corso alla pillola abortiva con pretesti risibili. Dati scien-
tifici privi di fondamento statistico vengono utilizzati per
spaventare sanitari e popolazione, giustificando così un
inevitabile protocollo applicativo che probabilmente im-
pedirà, di fatto, alla maggioranza delle donne (le meno in-
formate) la libertà di scelta su come abortire. Con la
Ru486 si ha una procedura scarsamente invasiva, a bas-
so rischio, sicura. Ma ora che la donna può decidere di
dominare in piena coscienza l'evento abortivo, si parla di
terribili conseguenze fisiche, di solitudine. Sarebbe il ca-
so di ricordare a tutti la solitudine c'è in quei nostri ospe-
dali dove l'obiezione di coscienza di tanti produce atteg-
giamenti punitivi verso le donne che vi si recano per l'Ivg
chirurgica; le liste di attesa, i medici che si sottraggono,
il ricovero nelle corsie comuni con donne che hanno ap-
pena partorito e stanno per partorire circondate dai sor-
risi e dai fiori delle famiglie. Quella lì non è solitudine, de-
pressione, anticamera di ogni senso di colpa e, perché no,
di vergogna? Ma è proprio quello che si vuole: donne di
nuovo chiamate assassine. Da qui passa l'attacco alla leg-
ge che in Italia permette l'aborto, da qui passeranno, se
non ci sarà una risposta forte e consapevole, tentativi di
revisione peggiorativi della 194. Il tema è ancora quello di
trent'anni fa, quando conquistammo la 194: infamia sul-
le donne che chiedono l'aborto nelle strutture sanitarie
pubbliche per non morire di aborto clandestino, perché
l'aborto non fosse più il solo reato di cui fosse colpevole
la vittima. Forse noi donne che facemmo quella battaglia
e la vincemmo oggi l'abbiamo dimenticato. Forse oggi,
che siamo tutte o quasi tutte in menopausa, non perce-
piamo il pericolo che corrono le donne giovani e adulte in
età fertile, esposte all'intimidazione, alla gogna sociale
che rimbalza dalla campagna mediatica di questi giorni.
L'interruzione volontaria di una gravidanza non è mai
semplice per nessuna donna; in ogni caso, nessuna ideo-
logia va sovrapposta all'evento concreto già di per sé la-
cerante, che tocca le donne e solo loro. Per questo è ne-
cessario dare spazio alla loro voce e ascoltare i loro biso-
gni. Come desidera una donna fare questo passaggio?
Sappiamo che le conseguenze psicologiche ci sono co-
munque, niente impedisce il lutto. Ma nessuno può deci-
dere meglio di una donna: vuole essere addormentata per
non vedere, vuole l'anestesia locale per tornare a casa pri-
ma possibile, come nel caso della ragazze più giovani?
Tutto questo si può e dunque si deve fare. E ora se vuole
essere parte attiva, accettando consapevolmente di vive-
re il dolore fisico che avrà: oggi si può e si deve fare. La
scienza e la ricerca farmacologica, dopo trent'anni hanno
fatto passi da gigante. Solo una società che sta paurosa-
mente arretrando come la nostra può cercare di tenere le
donne all'oscuro di nuove tecniche, di nuove possibilità,
dunque di scegliere. La medicina oggi è al servizio di que-
sta possibilità. E' la politica italiana che oggi non vuole ri-
conoscere la loro libertà.
Paola Pellegrini
Se la pillola è ideologica