Numero 6 del 2015
Cibo ribelle - Speciale donne arabe
Testi pagina 11
9Giugno 2015
Il fi lo verde
di Barbara Bruni
API E PESTICIDI
Secondo uno studio pubblicato su Nature e condotto
dalla Newcastle University, i pesticidi hanno sulle api un
effetto simile alla nicotina sugli uomini: possono creare
dipendenza. Le api hanno dimostrato una preferenza
per soluzioni dolci cui è stata aggiunta una dose di
pesticidi, rispetto a quelle senza. Altri ricercatori svedesi,
dell’Università di Lund, nello studiare gli effetti dei
pesticidi neonicotinoidi sulle api hanno però riscontrato
un dato importante e, per certi versi, drammatico: se
le popolazioni di api selvatiche - le bombo o Bombus
terrestri - si sono dimezzate nei campi trattati con i
pesticidi, nulla è invece cambiato per le api da miele -
Apis mellifera - che frequentano i campi trattati dalle
medesime sostanze chimiche.
I CHIOSCHI DELL’ACQUA
Sono ormai più di 1.300 i Chioschi dell’acqua disseminati
nei comuni italiani. Si tratta di installazioni che offrono
alla cittadinanza l’erogazione di acqua potabile trattata,
refrigerata e gasata in forma gratuita o, in alcuni casi, a
fronte di un costo medio di 5 centesimi di euro al litro.
Il numero dei Chioschi è in continua espansione e il
servizio è sempre più utilizzato dai cittadini perché,
anche in caso di servizio a pagamento, il prezzo risulta
ancora inferiore rispetto all’acquisto di acqua in bottiglia.
A fronte del prelievo annuo di 300mila litri da un Chiosco
diminuisce l’utilizzo della plastica, risparmiando così circa
200mila bottiglie (ossia 60 tonnellate di Pet).
LA RACCOLTA DEL VETRO
Migliorano, dal 2010 al 2015, sia la quantità che la
qualità della raccolta dei contenitori di vetro usati in Italia.
Secondo i dati di una ricerca commissionata dal COREVE,
il consorzio che raccoglie il vetro usato, la percentuale
degli italiani che conosce le regole per effettuare in
maniera corretta la raccolta del differenziata è salita
dal 51% al 74%. Diminuisce, inoltre, la percentuale di
persone che farebbero confl uire nella raccolta i “falsi
amici” del vetro, ossia gli oggetti di cristallo (-13,1%), il
pyrex (-7,3%), le lampadine (-6%) e la ceramica (-1,3%).
ANCORA DUE ANNI PER LE ALOGENE
La Commissione tecnica sulla direttiva Ecodesign a
Bruxelles ha rimandato di due anni la messa al bando
delle lampadine di classe C, e inferiori - ossia le meno
effi cienti - precedentemente fi ssato per settembre 2016,
e che slitta, invece, al 2018. Ad avere la meglio nell’Ue
saranno quindi le vecchie alogene. Alcuni Stati membri
hanno fatto marcia indietro e a pagarne le conseguenze
saranno le bollette degli europei. Secondo le stime
di EEB (European Environmental Bureau), mandare
subito in soffi tta le vecchie alogene avrebbe garantito
ai cittadini risparmi per 6,6 miliardi di euro in bolletta,
780 milioni solo in l’Italia. Sempre secondo EEB, i paesi
frenanti sarebbero stati l’Italia, la Francia, la Germania
e la Polonia, sulla base di motivazioni tecniche per cui i
Led non sarebbero ancora in grado di coprire le esigenze
del mercato. Dall’altro lato della barricata, invece, Belgio,
Danimarca e Svezia, i cui dati di mercato rivelano come
le Led di qualità siano pronte a rimpiazzare le alogene.
come l’ingegneria genetica. Non ci è
sembrato, infatti, in alcun modo irrile-
vante che i soggetti i cui corpi sono la
materia delle nuove tecnologie ripro-
duttive fossero in schiacciante mag-
gioranza donne, mentre coloro che
progettano, sperimentano, applicano
tali tecnologie fossero in schiacciante
maggioranza uomini…
Il pensiero della differenza ha avu-to pertanto importanti rifl essi in
campo bioetico poiché ha spinto a
considerare da vicino la realtà femmi-
nile, dando vita a istanze che sareb-
bero state sommerse da analisi ‘neu-
trali’ e avviando ricerche riferite a quel
terreno storico-sociale da cui nasco-
no le questioni di vita e di morte. Un
campo di grande interesse ci è subito
apparso quello delle nuove tecnolo-
gie riproduttive: qual è il loro impatto -
ci si è chiesti - sulla vita delle donne?
Nel dibattito contemporaneo si tende
a sottolineare una fondamentale am-
bivalenza: da una parte, i progressi
medici e scientifi ci hanno offerto alle
donne più ampie opportunità di deci-
dere se, quando e a quali condizioni
essere madri; dall’altra, hanno accre-
sciuto la possibilità di esercitare un
controllo maggiore, rispetto al passa-
to, sulle loro scelte.
Gli interrogativi riguardano, dunque, la salute e il benes-
sere psico-fi sico delle donne ma
anche i rifl essi delle biotecnologie
sui ruoli sociali: al di là della dimen-
sione propriamente biologica, esse
investono infatti la dimensione sim-
bolica e affettiva. In questo quadro si
sono sollevate inquietanti domande
sulla loro affi dabilità (sul loro carattere
sperimentale e non semplicemente
terapeutico); sui formidabili interessi
in gioco, sui condizionamenti sociali
(lo stigma della sterilità), sulle con-
seguenze politiche. Tutti interrogativi
che nascono da un peculiare ap-
proccio diretto insieme al ‘concreto’
(il vissuto delle donne, la quotidiani-
tà dei loro bisogni) e al ‘simbolico’ (il
signifi cato del corpo, il valore della
maternità).
Non dimentichiamo che uno degli
scopi principali del pensiero femmini-
sta in bioetica è stato quello di mette-
re in evidenza le questioni di potere
(nel senso di autonomia, consape-
volezza, autodeterminazione sulle
scelte riproduttive, terapeutiche etc.)
e dunque di denunciare l’oppressio-
ne subita dalle donne. Si pensi ad
argomenti - cui l’Istituto ha dato am-
pio spazio - come quello della salute
femminile, la medicina di genere o il
ruolo delle donne, sia come pazienti
che come professioniste, in ambito
medico. In questo contesto sono ma-
turate le istanze di democratizzazio-
ne della bioetica, la ricerca di nuove
forme di empowerment, l’esigenza di
“dare voce a chi non ha voce”.
Il concetto di genere ci è subito apparso una categoria esplica-
tiva e interpretativa di importanza
cruciale nel cui ambito è stato possi-
bile collocare la tematica della cura
che, declinata in molteplici direzioni
bioetiche, è stata il vero leitmotiv del
Convegno: innanzitutto un modello
da applicare in vista di un’umaniz-
zazione della medicina, nel segno di
una ‘alleanza terapeutica’ che riceve
il suo senso da un’originaria dispo-
sizione di solidarietà, ma anche un
paradigma alternativo, valido sia nel
nostro rapporto con la natura che col
mondo animale, col superamento
della tradizionale visione androcentri-
ca del ‘dominio’.
I NOSTRI PRIMI
VENTI ANNI
pp.08_10_BIO_giugno 2015.indd 9 14/05/15 07.00