Numero 8 del 2009
Ozio pigrizia tempo libero
Testi pagina 10
luglio/agosto 2009 noidonne10
Come ci si poteva aspettare avendo
un minimo di cultura costituzionale, la
recente sentenza della Corte Costituzio-
nale annulla uno dei punti più contro-
versi della disciplina di accesso alle tec-
niche di fecondazione assistita. Si tratta
della norma che imponeva la formazio-
ne e l'impianto contemporaneo di non
più di tre embrioni, impianto da realiz-
zare, inoltre, non appena possibile e,
anche se non coattivo, obbligatorio a
meno di "grave e documentata causa di
forza maggiore relativa allo stato di sa-
lute della donna" (per una più ampia
disamina si rinvia al commento di M.
Fusco su "Diritto & Giustizia" del
12/05/2009).
La Corte costituzionale ha stabilito
non esserci obbligo assoluto di tutela
dell'embrione ma che tale tutela sia da
bilanciare con quella della salute della
donna e ha ritenuto l'obbligo di impian-
to di tutti gli embrioni senza crioconser-
vazione degli stessi, potenzialmente lesi-
vo della salute della donna. Nel caso di
situazioni cliniche in cui ci siano mino-
ri probabilità di attecchimento embrio-
nario, infatti, i tre embrioni potrebbero
risultare insufficienti e sarebbero neces-
sari più cicli di impianto col rischio ogni
volta di iperstimolazione ovarica, al
contrario, in situazioni con migliori pro-
babilità di attecchimento i tre embrioni
avrebbero più facilmente dato luogo a
parti plurigemellari con i correlativi ri-
schi materno-fetali. Le argomentazioni
usate dai giudici costituzionali sono in
linea con la tradizionale impostazione
adottata anche in precedenti interventi
in tali settori (storica al riguardo la sen-
tenza del 1975 relativa all'interruzione
della gravidanza). In tali circostanze
sempre si è sostenuta la linea dell'ade-
guato bilan-
ciamento di
valori costitu-
zionali merite-
voli di tutela
ma in conflitto
tra loro. Nelle situazioni relative alla
gravidanza il bilanciamento va ogni
volta realizzato tra il diritto del nasci-
turo a procedere nello sviluppo embrio-
nale (accantonando lo spinoso tema
della personalità morale e giuridica del-
l'embrione precoce) e il diritto alla salu-
te della donna chiamata a portare
avanti una gravidanza non vo-
luta o, viceversa, a sottoporsi
a manipolazioni medico-chi-
rurgiche per superare la steri-
lità. Questa sentenza costitu-
zionale abrogativa in parte
della legge 40 si aggiunge al
pronunciamento del TAR del
Lazio del gennaio 2008 che,
in qualche modo, aveva ri-
aperto alla possibilità, negata
dalla legge, di diagnosi pre-impianto
degli embrioni. Non è possibile in que-
sta sede ripercorrere tutte le con-
troversie e le polemiche che
hanno preceduto e seguito la
legge, compreso il referendum
abrogativo fallito per mancan-
za del quorum. È evidente, tut-
tavia, che si sono poste le pre-
messe di una più generale revi-
sione della normativa che tenga
in adeguato conto il pluralismo
etico nel quale le questioni di
inizio vita inevitabilmente si collo-
cano.
Sulla base di quale metodo procedu-
rale si dovrebbe impostare il percorso le-
gislativo per affrontare le cosiddette
questioni eticamente sensibili?
Mia personale e, ormai antica, con-
vinzione (R. Prodomo, Una bioetica li-
berale, Apeiron-Perdisa 2003) è che la
discussione pubblica in campo bioetico
dovrebbe proporsi il raggiungimento del
più ampio consenso possibile: partendo
da convinzioni e argomenti morali per
arrivare a regole giuridiche condivise.
Un possibile modello di regolazione giu-
ridica potrebbe ispirarsi al cosiddetto
consenso per intersezione proposto da
Rawls in Liberalismo politico (Edizioni
di Comunità 1994). L'idea è quella di
cercare nel-
l'ambito di un
pluralismo mo-
rale ragionevo-
le quanto è eti-
camente condi-
viso e fondare su tali valori minimi un
patto politico di convivenza nella tolle-
ranza reciproca.
Tale proposta è intermedia tra un
consenso morale puro e il mero compro-
messo politico. Rispetto al primo è più
realistico, in quanto tiene conto dell'irri-
ducibile pluralismo delle società con-
temporanee e non si propone l'impossi-
bile compito di elaborare una morale
unanimemente condivisa.
Rispetto al secondo è più tollerante e
garantisce una maggiore stabilità, in
quanto il consenso non è fondato su
rapporti di forza contingenti ma tiene
conto delle convinzioni morali dei par-
tecipanti alla discussione. In definitiva,
è un consenso politico fondato su ragio-
ni etiche. Tale schema fu pensato origi-
nariamente come strategia costituzio-
nale intesa a fondare costruttivistica-
mente i valori comuni della cittadinan-
za democratica, un'applicazione anche
ad altri campi di regolazione pubblica
è, tuttavia, auspicabile per evitare le
distorsioni dell'applicazione meccanica
del pur sacrosanto principio maggiori-
tario.
Spesso si sente, infatti, affermare che
in questi campi va lasciata libertà di
coscienza ai parlamentari, ma si dimen-
tica di specificare che la libertà di co-
scienza è prerogativa, prima di tutto, di
ogni singolo cittadino e nessuna mag-
gioranza parlamentare per quanto am-
pia potrà mai misconoscerla.
Imporre per legge precetti etici votati
a maggioranza viola la libertà morale
dei singoli, per questo occorre far ricor-
Fecondazione
in vitro
Parliamo di bioetica *Raffaele ProdomoIstituto Italiano di Bioetica
www.istitutobioetica.org
imporre precetti
etici viola la libertà
morale dei singoli“
“
un patto politico
di convivenza nella
tolleranza reciproca“
“
tenere in giusta
considerazione
punti di vista
minoritari
“ “