Numero 10 del 2015
Madri
Testi pagina 10
8 Ottobre 2015
Si è salutata con grande favore la notizia dell’istituzione di una cattedra di ‘Umanità’ nel dipar-
timento di oncologia della facoltà di
Medicina a Milano. Un insegnamento,
indubbiamente, carico di promesse,
anche per il carattere fortemente
evocativo di una parola che conden-
sa in sé una straordinaria ricchezza
di significati, ma che soprattutto,
nel sottolineare la necessità di una
formazione umanistica del medico,
sembra nascere dalla presa di co-
scienza di una crisi della medicina
scientifica. Una crisi che nasce, in
realtà, dal suo stesso successo. La
medicina scientifica ha compiuto in-
fatti straordinari progressi: tecniche
sempre più sofisticate consentono al
malato di vedersi in tre dimensioni, il
medico lo può curare a distanza gra-
zie alla telemedicina, il chirurgo può
operare senza toccare direttamen-
te il malato. Progressi innegabili che
celano tuttavia un pericolo, quello di
vedere l’individuo ignorato nella sua
singolarità dalle esigenze classifica-
torie. Siamo, in effetti, in presenza
di un sistema sempre più burocra-
tizzato che, ad esempio, anziché at-
tribuire una valenza positiva al tempo
trascorso con il paziente, conside-
randolo un investimento ai fini della
stessa terapia, lo associa al concetto
di perdita.
Che resta allora della relazione ori-
ginaria tra curante e curato, di quel
colloquio descritto fin dall’antichità
da Ippocrate e dai suoi discepoli
dell’isola di Kos? Qual è il posto del
malato nella malattia, in una medici-
na sempre più spinta verso l’univer-
salizzazione e chiamata a divenire
una scienza dell’oggetto umano? In
Nascita della clinica Michel Foucault
ha tratteggiato magistralmente il
cammino compiuto dalla medicina
moderna, concentrandosi sul mo-
mento - la rivoluzione francese - in
cui la creazione dell’ospedale, in-
teso come - “cittadella fortificata
della salute” -, alimenta l’ambizio-
so progetto di una medicina come
scienza esatta, attraverso l’oggetti-
vazione della malattia e del malato.
Al prezzo, tuttavia, di “sradicare” il
soggetto, la persona, ignorando la
molteplicità degli aspetti - biologici,
psicologici, sociali - che ineriscono
al problema della salute.
La ricostruzione etimologica di al-
cuni termini chiave potrebbe qui
rivelarsi particolarmente utile. Me-
dicus richiama il verbo latino mederi
che significa “prendersi cura”, ma
anche la parola greca therapeia ha
tale significato: la sua radice Dher
vuol dire “portare”, “prestare atten-
zione”. Il terapeuta è dunque “colui
che sostiene”. È quanto ci ricorda
un grande psicoterapeuta, James
Hillman, secondo il quale il medico
che passeggia “lungo le sale bianche
dell’ospedale, con graziose nozio-
ni della sofferenza, della malattia e
della morte”, dovrebbe ritrovare la
strada verso la visione più antica e
integrata della sua vocazione, spe-
cie in quelle situazioni difficili della
medicina moderna - superspecia-
lizzazioni, tariffe, amministrazione
ospedaliera - che mostrano come
di Luisella Battaglia
Istituto Italiano di Bioetica
www.istitutobioetica.org
DOTTORI
ANCHE IN “UMANITÀ”
Un segnale forte per i medici
di domani
ISTITUITA
LA CATTEDRA
DI ‘UMANITÀ’
NEL DIPARTIMENTO
DI ONCOLOGIA
DELLA FACOLTÀ
DI MEDICINA
A MILANO
pp.08_09_BIO_ottobre.2015.indd 8 29/09/15 06.36