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Indietro 24 Maggio 1969

Sono maturata, non imborghesita

Numero 21 del 1969

Pagina 12

Incontro con Carla Gravina, che dopo sette anni di teatro è tornata al cinema nel ruolo della donna moderna, con le sue crisi, i suoi punti deboli, ma anche la sua affannosa ricerca di un nuovo modo di essere e di realizzarsi.

di Maffei Maria
Argomenti: Cinema-tv-teatroCostume


Foto: Sono maturata, non imborghesita

SONO MATURATA, NON IMBORGHESITA
Incontro con Carla Gravina, che dopo sette anni di teatro è tornata al cinema nel ruolo della donna moderna, con le sue crisi, i suoi punti deboli, ma anche la sua affannosa ricerca di un nuovo modo di essere e di realizzarsi.

ROMA, maggio Carla Gravina è tornata al suo primo amore, il cinema, che la scoprì, poco più che adolescente, alla vigilia degli Anni Sessanta e fece di lei, ragazzina lentigginosa dalla bellezza acerba, un personaggio fresco e nuovo. L'aveva notata Alberto Lattuada, scopritore di giovanissimi talenti, e le aveva affidato una piccola parte in «Guendalina», ma la sua ascesa vera e propria cominciò con il film di Blasetti « Amore e chiacchiere », e continuò poi con « Policarpo, ufficiale di scrittura », « I soliti ignoti », « Jovanca e le altre » (a questo film sacrificò la sua treccia di capelli rossi) , « Esterina », « I soliti ignoti », « Un giorno da leoni », « Tutti a casa ». Sembrava destinata a occupare un posto di primo piano nel mondo della celluloide e invece all'improvviso sparì dagli schermi. Di lei presero a occuparsi i rotocalchi per un suo amore improvviso e contrastato con Gian Maria Volonté, sbocciato nella città più ro-mantica del mondo, Verona, dov'erano protagonisti della più romantica tragedia shakespeariana: «Romeo e Giulietta».
Imparò a recitare
Da allora il teatro sembrò inghiottirla. La ragazzina lentigginosa, che all'apparenza fragile univa una grande volontà e un puntiglioso desiderio di professionismo, non ebbe timore a cimentarsi con i testi più impegnativi del teatro internazionale: fu Lucieta ne « Le baruffe chiozzotte » di Goldoni, fu Eliza in « Pigmalione » di Shaw; interpretò «La irresistibile ascesa di Arturo Ui » di Brecht, « La lezione » di Jonesco, « Le troiane » di Euripide-Sartre, « Marat-Sade » di Peter Weiss, avendo come maestri Squarzina, Enriquez, Streheler... « Il teatro mi ha maturata — dice ora —. Agli inizi, quando avevo quindici anni o poco più, recitavo istintivamente, poi ho imparato ad analizzare i personaggi; questo la-voro di introspezione mi ha aiutata anche a capire me stessa ». Parla svelta, fra una boccata e l'altra della sigaretta che aspira golosamente. Siede disinvolta sui braccioli di una grande poltrona nell'ufficio di produzione del film « La donna invisibile », di cui è inter-prete, le lunghe gambe fasciate nei pantaloni di flanella grigia. Il cinema che l'aveva la-sciata adolescente la ritrova donna (pronta a riallacciare le fila di una carriera prematuramente interrotta) , e trova in lei l'immagine della donna moderna, borghese, con il morso della contestazione. Il suo volto è tornato familiare ai frequentatori delle sale cinematografiche, che l'hanno veduta — in una sola stagione — in «Cuore di mamma» nello sconcertante personaggio di una madre (simbolo della borghesia malata) che ha generato tre figli mostri, sopprime l'unico superstite dei tre, e diventa dinamitarda. L'hanno vista nella « Monaca di Monza » e ne « La sierra Maestra ». Anche il suo tempestoso amore con Gian Maria Volonté appartiene ormai al passato, ora è una donna elegante, dalla esistenza tranquilla. E' tornata nell'alveo borghese dal quale era venuta e al suo fianco, al posto dell'attore ribelle, vi è un giovane, ricco, industriale. Lei accetta malvolentieri questa nostra interpretazione della sua parabola di donna. «In sostanza, lei dice che mi sono imborghesita, ma io non sono d'accordo. Ho avuto una educazione borghese poi ho cercato di eliminarla. Ho avuto una crisi, ho voluto capire se credevo veramente alle mie nuove idee. Ho avuto un periodo di verifica, al quale non sono estranee le mie vicende private, nello stesso modo come ognuno di noi è il frutto delle proprie esperienze. Mi sento più matura ora di prima. Avevo idee abbastanza appiccicate, mentre adesso sen-to di essere veramente quello che sono, più autentica».
Non lascio il teatro.
Questo ritorno al cinema, con parti importanti, da protagonista, segna un abbandono definitivo del teatro? « Abbandono? No. In questo momento il cinema mi offre cose più interessanti e io le accetto ». Ma il cinema le rende di più? « C'è forse qualcosa di grave in questo? lo non trovo. Se mi offriranno di fare ancora spettacoli interessanti, se usciranno fuori testi come il "Marat-Sade" certo che tornerò al teatro. Ora i ruoli interessanti me li offre il cinema e io li accetto. Non è detto che il prossimo anno non torni sul palcoscenico, ma tornerò soltanto se ne varrà la pena ». Per ora resta dunque nel mondo della celluloide che dopo averla dimenticata per sette anni, l'ha riscoperta e le ha affidato il compito di interpretare la figura della donna borghese degli Anni Settanta, con le sue crisi, i suoi punti deboli, ma anche con la sua ricerca di una morale nuova, come questa Delfina de «La moglie invisibile » che sta interpretando per la regia di Paolo Spinola. Delfina è una ragazza che ha superato i tabù di una educazione tradizionale e va alla ricerca di un nuovo modo di essere, sperimentandolo su se stessa, pronta a pagare i suoi errori. Si sente vicina al personaggio di Delfina? « Per alcuni versi sì, voglio dire come atteggiamento di fronte alla vita, ma non come storia, naturalmente. Le vicende che vive Delfina nel film non hanno nulla in comune con le mie anche se posso capirle e condividerle ».

TAG: Carla Gravina, cinema, teatro, Gian Maria Volontè, Monaca di Monza, I soliti ignoti, intervista, Maria Maffei, maturità


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